riferimento a Totò e al suo tentativo di vendere la Fontana di Trevi.
L'esempio, parlando di Emilio Coppola, l'imprenditore originario di
Lecce ma da anni a Vittorio Veneto arrestato dalla Finanza, ci sta eccome.
Lui vendeva degli appartamenti di lusso che non erano suoi. Magari, una
delle sue due ditte, che di fatto gestiva pur non avendone titolo in
quanto già fallito, aveva fatto un restauro nel palazzo dove si
trovavano gli appartamenti, e lui fingeva di esserne anche proprietario.
Tra gli immobili in questione ci sono anche Palazzo Franceschini e
Palazzo Dall'Oglio a Vittorio Veneto.
Qui Coppola aveva effettivamente partecipato al restauro, ma non era
proprietario degli appartamenti di lusso che vendeva. Con grande abilità
riusciva a far credere di essere invece proprietario degli immobili e li
"vendeva" ricevendo degli acconti molto consistenti.
Tra le circa venti persone che hanno denunciato di aver ricevuto questo
tipo di trattamento, si spazia infatti da acconti che vanno da un minimo
di 20mila euro per arrivare fino a 300mila euro, come ha fatto sapere la
Guardia di Finanza. In alcuni casi chi aveva creduto di aver comprato
versando fior di quattrini al Coppola era persino riuscito ad entrare
nella tanto sognata abitazione, ma si era reso conto solo dopo che non
aveva comprato un bel niente, in quanto la casa apparteneva ad altri.
In genere veniva fatto un preliminare di compravendita, si fissava
l'appuntamento dal notaio, a cui però Coppola non si presentava,
inventando scuse diverse. Lo stesso appartamento, peraltro appunto non
suo, poteva persino essere rivenduto più volte a più persone.
Le trattative venivano condotte con un forte potere persuasivo da parte
del 56enne, che spesso invitata i clienti a cena a casa per dare
garanzie sulla bontà dell'operazione.
Nei guai è finita, seppur marginalmente, una delle figlie dell'uomo, una
trentenne, considerata responsabile di concorso in bancarotta, in quanto
ricopriva un ruolo in una delle ditte.
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