E' giusto risarcire un dipendente che durante una trasferta di lavoro si infortuna facendo del sesso? La risposta la danno, al termine di un processo durato cinque anni, i giudici federali australiani: sì. La "vittima" è una dipendente pubblica che in viaggio per lavoro ha subito un trauma fisico mentre trascorreva una notte d'amore in un hotel. "Non importa se faceva sesso o giocava a carte", dicono i giudici, "era fuori per lavoro e va risarcita".
La Corte federale di Sydney in seduta plenaria ha respinto l'appello della società di assicurazione infortuni sul lavoro, secondo cui le attività sessuali della donna in un motel non avevano niente a che fare con il suo lavoro. La Corte ha invece stabilito che comunque la donna trascorresse le serate si trovava lì per lavoro.
La causa, che ha già coinvolto tre gradi di appello, potrà avere ripercussioni significative per i datori di lavoro, poiché chiarifica i limiti delle loro responsabilità verso i dipendenti. La donna, il cui nome non è stato divulgato, lavorava per un'agenzia del governo federale ed era stata mandata in missione a un ufficio regionale nel novembre 2007.
Il datore di lavoro le aveva prenotato un motel, dove lei aveva invitato a cena un amico dopo il lavoro. I due erano saliti nella sua stanza e mentre facevano sesso un portalampada di vetro si è staccato dal muro e ha colpito in faccia la donna, che è rimasta ferita al naso e alla bocca. In seguito ha sofferto di depressione e ansia, che l'hanno resa inabile al lavoro.
La società assicuratrice aveva sostenuto che il datore di lavoro non aveva autorizzato le sue attività fuori orario e non poteva considerarsi responsabile. Ma i tre giudici della Corte hanno stabilito che "l'attività sessuale lecita" non costituiva cattiva condotta e la donna non doveva quindi essere punita.
La Corte federale di Sydney in seduta plenaria ha respinto l'appello della società di assicurazione infortuni sul lavoro, secondo cui le attività sessuali della donna in un motel non avevano niente a che fare con il suo lavoro. La Corte ha invece stabilito che comunque la donna trascorresse le serate si trovava lì per lavoro.
La causa, che ha già coinvolto tre gradi di appello, potrà avere ripercussioni significative per i datori di lavoro, poiché chiarifica i limiti delle loro responsabilità verso i dipendenti. La donna, il cui nome non è stato divulgato, lavorava per un'agenzia del governo federale ed era stata mandata in missione a un ufficio regionale nel novembre 2007.
Il datore di lavoro le aveva prenotato un motel, dove lei aveva invitato a cena un amico dopo il lavoro. I due erano saliti nella sua stanza e mentre facevano sesso un portalampada di vetro si è staccato dal muro e ha colpito in faccia la donna, che è rimasta ferita al naso e alla bocca. In seguito ha sofferto di depressione e ansia, che l'hanno resa inabile al lavoro.
La società assicuratrice aveva sostenuto che il datore di lavoro non aveva autorizzato le sue attività fuori orario e non poteva considerarsi responsabile. Ma i tre giudici della Corte hanno stabilito che "l'attività sessuale lecita" non costituiva cattiva condotta e la donna non doveva quindi essere punita.
Nessun commento:
Posta un commento