Uno scherzo, una presa in giro, una forma di vendetta per qualche sgarbo
sentimentale, o semplicemente un tentativo di attirare l'attenzione.
Poco importa: per quei fotomontaggi al limite tra hard e diffamazione
fatti girare in internet, una ragazza di 23 anni di Dosson di Casier ora
rischia una condanna per molestie con una pena detentiva fino a sei
mesi, che convertita in pecuniaria si tradurrebbe in una multa di 45
mila euro.
Il "potere" di photoshop e di Facebook le si è insomma ritorto contro.
Con una violenza tale che nemmeno lei si sarebbe mai aspettata. A
denunciare i fatti alle forze dell'ordine erano state, nel luglio
scorso, le stesse vittime di quelle immagini ritoccate ad arte (con
tanto di commenti non proprio lusinghieri come ad esempio: «Le t... del
Triveneto») le quali avevano scoperto per caso che i loro volti,
accostati a corpi seminudi in atteggiamenti che lasciavano poco spazio
all'immaginazione, venivano postati sul più famoso e utilizzato dei
social network o caricati in altri siti sul web.
La ragazza venne subito iscritta nel registro degli indagati per
l'ipotesi di reato di molestie e il sostituto procuratore Massimo De
Bortoli, titolare del fascicolo aperto a suo carico, ordinò una
perquisizione nella casa della 23enne. La polizia giudiziaria, dopo il
blitz, mise sotto sequestro il computer dell'indagata oltre a decine e
decine di stampe su fogli A3 e A4 dei suoi "lavori". Spulciando tra i
vari file, sarebbero 29 quelli rilevanti nell'inchiesta della Procura di
Treviso, tutti in formato jpeg, e un solo file word con le "prove" dei
fotoritocchi incriminati.
La ragazza, difesa dall'avvocato Alessandra Nava, ha formalmente
presentato istanza di dissequestro del materiale in mano agli
inquirenti, per poter valutare quale possa essere la linea difensiva più
idonea, ma soprattutto per fare chiarezza su quanto accaduto, che
potrebbe essere inteso soltanto come un equivoco. Le persone colpite
dalla cyber-molestatrice, nonostante la mole di fotomontaggi acquisiti
in fase d'indagine, sono sempre le stesse: due ragazze e un ragazzo. Non
è remota l'ipotesi che l'indagata si fosse invaghita del giovane e
avesse soltanto espresso, con il metodo sbagliato, un sentimento di
gelosia nei suoi confronti. Di certo c'è che rischia fino a sei mesi di
reclusione convertibili in pena pecuniaria, che si tradurrebbe in una
multa di 250 euro per ogni giorno di carcere.
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