24 gennaio 2012

Secondino ruba la fidanzata al detenuto

Lei, lui e l'altro. Il triangolo è il solito, piuttosto insolito invece
il ruolo dei due rivali in amore: detenuto il primo, carceriere il
secondo. L'inedito ménage è venuto alla luce l'altra mattina in aula,
nel corso di un processo che ha riservato più di un colpo di scena.

Si tratta dell'udienza a carico di due ex «inquilini» di Santa Bona:
l'assistente di polizia penitenziaria Roberto Gallinaro,
trentaquattrenne di Giavera difeso dallo studio Murgia e il detenuto
napoletano Raffaelle De Pasquale, 39 anni, assistito dall'avvocato Marco
Vocaturo. Ad accumunarli, fino all'altra mattina, sembrava esserci solo
il procedimento giudiziario per corruzione in corso davanti al tribunale
di Treviso: il secondino, stando alle accuse, avrebbe prestato il suo
cellulare al carcerato per consentirgli di telefonare alla fidanzata a
casa; De Pasquale lo avrebbe ricambiato regalandogli orologi.

A unire i due, però, c'è anche qualcos'altro. Meglio, qualcun altro: la
stessa donna. O, perlomeno, è quello che lei ha dichiarato in aula
lasciando di stucco il compagno ufficiale, il detenuto, e piuttosto
sorpreso il giudice il quale ha voluto sincerarsi di aver afferrato bene
il concetto e per questo ha chiesto alla signora: «Ma lei stava con
tutti e due?».

A svelare il triangolo amoroso sono stati i tabulati telefonici disposti
dalla Procura sul telefonino del secondino. Il numero in assoluto più
digitato è risultato essere quello della signora in questione, una
piacente padovana legata sentimentalmente da anni a De Pasquale. Gli
investigatori hanno contato circa 500 tra chiamate e messaggi a l numero
di lei nel giro di quattro mesi, che significa più di quattro contatti
al giorno. Cifre da capogiro, l'esempio di un grande amore che sfida i
divieti carcerari (proibitissime le chiamate all'esterno) e che resiste
anche dietro le sbarre. Ricostruita così sarebbe stata un bell'esempio
di storia romantica.

Ma che si trattasse di qualcos'altro lo ha svelato la destinataria delle
telefonate, chiamata a testimoniare l'altra mattina in aula: sì il mio
compagno mi ha chiamata - ha ammesso - ma lo avrà fatto quattro o cinque
volte nel giro di mesi. Inevitabile la domanda successiva: e le altre
495 volte? «Ah, quelle me le ha fatte l'assistente di polizia
penitenziaria». Gelo in aula.

La donna ha così raccontato che andando a colloquio con il compagno, ha
conosciuto il secondino. Ne è nata un'amicizia, sono cominciati gli
scambi via cellulare: sms e telefonate. A questo punto è arrivata la
domanda del giudice: scusi, ma lei stava con entrambi? La signora ha
abbozzato: «La relazione col mio compagno stava finendo... con la
guardia era solo un rapporto telefonico...». Quale che sia la verità,
non sta alla magistratura accertarla.

Compito della Procura, invece, sarà di far luce sull'altro colpo di
scena riservato dalla stessa udienza: un detenuto, teste del pm, ha
sostenuto che le accuse da lui inizialmente mosse contro il secondino
erano false e che era stato spinto a farle dall'allora comandante delle
guardie del carcere in cambio di un lavoro.

Il giudice ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura per
verificare l'accaduto.

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