Scritto da Davjdek
- Questa io ritengo la più grande ingiustizia perpetrata dalla natura:
che la mia vita sia dominata dalla fisicità. Il mio corpo influenza il
comportamento altrui, e, quel che è peggio, il corpo altrui influenza il
mio comportamento.
- Non mi è chiaro che cosa intendi quando dici "il mio corpo influenza
il comportamento altrui".
- L'apparenza esteriore, ciò che il mio corpo mostra di me. Il mio
volto, i miei capelli, il colore dei miei occhi, la forma del mio naso,
e poi il busto, le braccia, la postura, e potrei continuare a lungo.
L'insieme di tutti i miei tratti fisici condiziona il comportamento
altrui. Se io mi avvicino ad una donna ed ella mi respinge, è il mio
corpo che l'ha indotta a respingermi.
- Quale elemento ti induce a tale conclusione?
- E' evidente. Il mio carattere, il mio modo di relazionarmi con gli
altri, non differisce in modo sostanziale da quello degli altri uomini.
Le differenze sono quelle che distinguono ogni persona da un'altra, ma
non sono tali da spiegare il comportamento di evitamento delle donne nei
miei confronti. La conclusione, dunque non può che essere questa: è il
mio aspetto fisico ad indurle ad allontanarsi.
- Dunque il tuo aspetto fisico, al contrario del tuo carattere,
differisce in modo sostanziale e in senso negativo da quello degli altri
uomini.
- Probabilmente sì, anche se questa è solo una deduzione indiretta.
- Hai anche affermato che l'apparenza altrui influenza il tuo comportamento.
- Esattamente. Mi riferisco, ovviamente, alle apparenze corporee
femminili. La visione di una donna attraente induce in me profonde
reazioni emozionali, mentre la visione di una donna non attraente non
determina alcun turbamento della sfera emotiva.
- Immagino che ciò sia da riportare al meccanismo dell'attrazione sessuale.
- Ovviamente sì. Se tale meccanismo rimanesse confinato nella sfera
sessuale, non sorgerebbe alcun problema. Ciò che invece accade è
l'invasione indebita di altre sfere, come quella affettiva.
- Non capisco
- Non è solo l'io sessuale ad essere coinvolto dalle emozioni suscitate
dalla corporeità femminile, ma anche l'io affettivo. QUest'ultimo,
quando è aggredito da tali reazioni, vive la sindrome di abbandono, e
questa produce a livello profondo uno stato a cui possiamo dare il nome
di angoscia esistenziale. La reazione difensiva di fronte a tale
angoscia è la rabbia, che si manifesta a un livello più superficiale.
- Andiamo per gradi. Che cos'è la sindrome di abbandono?
- Con tale nome indico il complesso di pensieri ed emozioni propri del
neonato abbandonato dalla madre. Una donna attraente richiama nell'io
affettivo l'immagine materna e, conseguentemente, risveglia il bisogno
infantile di essere accolto nel grembo materno. La mancata soddisfazione
di tale bisogno scatena la sindrome di abbandono.
- Ancora non mi è chiaro per quale motivo tale reazione è scatenata da
una donna attraente e non da una non attraente. Sono entrambe donne,
quindi entrambe simbolo materno.
- Non è proprio così. Il rapporto materno-infantile ha una forte
componente di natura sessuale. Per questo la sindrome di abbandono si
manifesta solo in presenza di stimoli sessuali. La donna non attraente
non elicita stimoli sessuali, e di conseguenza non assurge a simbolo
materno.
- Continuiamo. Dicevi che reagisci all'angoscia generando rabbia.
- Sì. Il più immediato mezzo di difesa per non cedere all'angoscia è la
rabbia, perché essa riporta su l'energia, sia a livello psicologico che
fisico: quando si prova rabbia viene prodotta più adrenalina.
- Rabbia contro le persone?
- In parte sì: contro le donne che mi rifiutano, scegliendo per sé
uomini più attraenti. Ma in misura ancora maggiore contro la natura che
distribuisce i suoi doni in modo iniquo.
- E qui torniamo al punto di partenza.
- Già: il carattere ingiusto della natura.
- Hai detto che la tua rabbia è una reazione difensiva all'angoscia.
Possiamo dunque ipotizzare che tu attribuisca alla natura questo
carattere ingiusto solo per avere un oggetto contro cui scagliare la tua
rabbia, e in questo modo difenderti dall'angoscia.
- Ma se la natura fosse giusta, ovvero se desse a tutti gli esseri la
stessa dose di attrattività, l'angoscia non esisterebbe.
- Quindi la natura è ingiusta, la sua ingiustizia produce la tua
angoscia, la tua angoscia ti induce a produrre la rabbia, e la tua
rabbia viene indirizzata contro la natura. Un cerchio perfetto.
- Sì. E' proprio un cerchio.
- Naturalmente, la tua rabbia a sua volta amplifica la percezione
dell'ingiustizia, e ad ogni ciclo l'investimento emotivo aumenta.
- Inevitabilmente.
- Ma la natura può cambiare?
- No, che io sappia. Le sue leggi sono eterne.
- Quindi, a rigor di logica, arrabbiarsi con essa non serve.
- A rigor di logica, no.
- Bene. Forse abbiamo individuato l'anello debole, su cui far leva per
spezzare la catena.
- Cioè?
- La tua rabbia. Se cominci a risconoscere che essa non è utile a
risolvere il problema, ma è un elemento che rafforza il circuito
negativo, potrai indebolirla fino a spezzare la catena.
- Ma indebolire la rabbia significa espormi all'angoscia.
- Hai quindi paura di provare angoscia? E' questa paura che mantiene in
piedi la tua rabbia?
- E' un'ipotesi plausibile. Non ci avevo mai pensato.
- E se provassi ad entrarci in questa angoscia, invece di evitarla?
Potresti aiutarla a sciogliersi.
- In effetti è quello che accade quando sono nello stato di
innamoramento non corrisposto. In questo stato, cado nell'angoscia, ci
entro dentro fino in fondo, prendendo contatto con il mio bambino
interiore, e pian piano ne esco.
- Completi il ciclo di morte e rinascita e recuperi le risorse del
genitore affettivo.
- Proprio così. Ma succede solo quando è in atto l'innamoramento.
- Che cosa ti impedisce di attuare questa strategia sempre?
- Il fatto che comporta un investimento emotivo troppo forte.
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