Lui era morto a distanza di due mesi dalla decisione della Commissione
medica patenti di dichiararlo non idoneo alla guida, ma il provvedimento
di sospensione della patente gli era stato notificato molto tempo dopo
la celebrazione dei funerali. Quando quella patente, insomma, non
avrebbe più potuto servire a nessuno. Eppure, la mancata restituzione
della patente aveva messo in moto le pratiche per la denuncia del caso
alla Procura e la conseguente apertura di un fascicolo. Di un
procedimento, cioè, a carico di un uomo deceduto il 9 luglio del 2010
all'età di 89 anni. Contro di lui, il pm aveva emesso un decreto penale
di condanna a un'ammenda di 1.500 euro. Ieri, il caso è approdato in
tribunale, davanti al giudice monocratico di Udine, Emanuele Lazzàro,
che ha assolto l'imputato - ossia il morto - con la formula "perchè il
fatto non sussiste".
E' stato il pubblico ministero onorario, Giovanna Schirra, nel corso
della discussione, a ripercorrere le tappe dell'incredibile vicenda e a
concludere a sua volta per una sentenza di assoluzione. All'epoca, non
appena notificato ai familiari il decreto penale di condanna, l'avvocato
Giovanni Battista Bossi aveva presentato opposizione, producendo il
certificato di morte e osservando come la richiesta della Motorizzazione
Civile di restituire la patente, datata 8 settembre 2010 e notificata il
successivo 14 settembre, non fu mai neppure vista dal diretto
interessato (giudicato inidoneo il precedente 20 maggio per motivi di
salute). Accolta la richiesta del legale, il procedimento aveva quindi
continuato il proprio iter, passando dall'ufficio del gip all'aula del
dibattimento.
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